
SOMMARIO: 1. Massima. 2. Antefatto della causa. 3. Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia.
Massima
La Corte di giustizia nella causa de qua ha inflitto sanzioni finanziarie alla Croazia per non aver correttamente gestito alcuni rifiuti smaltiti in discarica, che costituiscono un rischio per la salute pubblica e per l’ambiente. In una precedente sentenza del 2019, la Corte di giustizia aveva già accertato la violazione del diritto dell’Unione da parte della Croazia.
Antefatto della causa
Nel maggio 2019, la Corte di giustizia si è pronunciata sul caso Commissione contro Croazia riguardante la discarica di Biljane Donje (C-250/18), stabilendo che la Croazia non aveva rispettato gli obblighi derivanti dalla normativa dell’UE sui rifiuti, in particolare la Direttiva 2008/98/CE. Questa direttiva ha l’obiettivo di prevenire o ridurre gli effetti negativi della gestione dei rifiuti sull’ambiente e sulla salute pubblica.
A partire dal 2010, nella località di Biljane Donje sono state smaltite circa 140.000 tonnellate di granulati di pietra in prossimità delle abitazioni, senza un intervento adeguato delle autorità croate. Tali materiali presentavano livelli di sostanze pericolose e radioattività superiori ai limiti consentiti, con il rischio di rilascio di elementi nocivi. La Corte di giustizia ha quindi stabilito che questi materiali dovessero essere considerati “rifiuti” ai sensi della direttiva e, di conseguenza, la loro gestione avrebbe dovuto avvenire senza mettere in pericolo la salute umana o l’ambiente. Inoltre, la Croazia era tenuta a garantire che il detentore dei rifiuti si occupasse del loro trattamento o lo affidasse a un operatore qualificato.
Nel maggio 2023, la Commissione europea ha avviato un ulteriore procedimento per inadempimento, ritenendo che la Croazia non avesse ancora attuato la sentenza del 2019.
Già con una lettera del 28 maggio 2019, la Commissione aveva chiesto alla Croazia di comunicare le misure adottate o previste, corredate di un calendario dettagliato, per conformarsi alla sentenza. Nella risposta del 17 ottobre 2019, la Croazia ha affermato che i granulati di pietra sarebbero stati destinati al rinnovo dell’aeroporto di Zara e alla bonifica di miniere di bauxite dismesse, indicando una serie di misure senza specificare i tempi di attuazione.
Dopo incontri tra la Commissione e le autorità croate nel novembre 2019 e nel giugno 2021, la Commissione ha rilevato la mancanza di un piano concreto per l’esecuzione della sentenza. Il 23 settembre 2021 ha quindi inviato una lettera di diffida, concedendo due mesi per una risposta. Nella replica del 23 novembre 2021, la Croazia ha riferito che era in corso un’analisi sulle caratteristiche delle scorie rocciose per valutarne l’idoneità come materiale da costruzione. L’analisi, condotta da un esperto selezionato tramite appalto pubblico, sarebbe stata completata entro il 21 marzo 2022. L’attuazione della sentenza dipendeva dagli esiti di tale studio.
Se l’analisi avesse confermato la possibilità di utilizzo delle scorie come materiale da costruzione, la Croazia avrebbe seguito tre possibili vie: 1) metterle a disposizione gratuitamente di enti locali e regionali per progetti di interesse pubblico; 2) venderle senza gara d’appalto ad enti statali per progetti non pubblici; 3) venderle tramite gara pubblica. Se fosse stata necessaria una trasformazione delle scorie, sarebbe stato avviato un nuovo appalto pubblico, con possibili proroghe in caso di ricorsi. Se invece le scorie non fossero risultate idonee all’uso edilizio, sarebbero state smaltite in conformità alla legge croata sulla gestione dei rifiuti del 15 luglio 2021 e, se necessario, trasferite all’estero secondo il regolamento UE sulle spedizioni di rifiuti.
La Croazia ha inoltre annunciato l’inclusione del sito di Biljane Donje nel piano di gestione dei rifiuti entro la fine del 2021. Tuttavia, la Commissione ha ritenuto che le misure adottate non fossero sufficienti per eseguire la sentenza del 2019 e, il 23 maggio 2023, ha avviato un nuovo procedimento contro la Croazia.
Con una decisione del 4 marzo 2024, il presidente della Corte di giustizia ha sospeso il procedimento fino alla sentenza nella causa C-147/23, Commissione/Polonia, pronunciata il 25 aprile 2024, che ha poi consentito la ripresa del procedimento in oggetto.
Le motivazioni della pronuncia della Corte di giustizia
Nel maggio 2019, la Corte di giustizia si è pronunciata sul caso Commissione contro Croazia riguardante la discarica di Biljane Donje (C-250/18), stabilendo che la Croazia non aveva rispettato gli obblighi derivanti dalla normativa dell’UE sui rifiuti, in particolare la Direttiva 2008/98/CE. Questa direttiva ha l’obiettivo di prevenire o ridurre gli effetti negativi della gestione dei rifiuti sull’ambiente e sulla salute pubblica.
A partire dal 2010, nella località di Biljane Donje sono state smaltite circa 140.000 tonnellate di granulati di pietra in prossimità delle abitazioni, senza un intervento adeguato delle autorità croate. Tali materiali presentavano livelli di sostanze pericolose e radioattività superiori ai limiti consentiti, con il rischio di rilascio di elementi nocivi. La Corte di giustizia ha quindi stabilito che questi materiali dovessero essere considerati “rifiuti” ai sensi della direttiva e, di conseguenza, la loro gestione avrebbe dovuto avvenire senza mettere in pericolo la salute umana o l’ambiente. Inoltre, la Croazia era tenuta a garantire che il detentore dei rifiuti si occupasse del loro trattamento o lo affidasse a un operatore qualificato.
Nel maggio 2023, la Commissione europea ha avviato un ulteriore procedimento per inadempimento, ritenendo che la Croazia non avesse ancora attuato la sentenza del 2019.
Già con una lettera del 28 maggio 2019, la Commissione aveva chiesto alla Croazia di comunicare le misure adottate o previste, corredate di un calendario dettagliato, per conformarsi alla sentenza. Nella risposta del 17 ottobre 2019, la Croazia ha affermato che i granulati di pietra sarebbero stati destinati al rinnovo dell’aeroporto di Zara e alla bonifica di miniere di bauxite dismesse, indicando una serie di misure senza specificare i tempi di attuazione.
Dopo incontri tra la Commissione e le autorità croate nel novembre 2019 e nel giugno 2021, la Commissione ha rilevato la mancanza di un piano concreto per l’esecuzione della sentenza. Il 23 settembre 2021 ha quindi inviato una lettera di diffida, concedendo due mesi per una risposta. Nella replica del 23 novembre 2021, la Croazia ha riferito che era in corso un’analisi sulle caratteristiche delle scorie rocciose per valutarne l’idoneità come materiale da costruzione. L’analisi, condotta da un esperto selezionato tramite appalto pubblico, sarebbe stata completata entro il 21 marzo 2022. L’attuazione della sentenza dipendeva dagli esiti di tale studio.
Se l’analisi avesse confermato la possibilità di utilizzo delle scorie come materiale da costruzione, la Croazia avrebbe seguito tre possibili vie: 1) metterle a disposizione gratuitamente di enti locali e regionali per progetti di interesse pubblico; 2) venderle senza gara d’appalto ad enti statali per progetti non pubblici; 3) venderle tramite gara pubblica. Se fosse stata necessaria una trasformazione delle scorie, sarebbe stato avviato un nuovo appalto pubblico, con possibili proroghe in caso di ricorsi. Se invece le scorie non fossero risultate idonee all’uso edilizio, sarebbero state smaltite in conformità alla legge croata sulla gestione dei rifiuti del 15 luglio 2021 e, se necessario, trasferite all’estero secondo il regolamento UE sulle spedizioni di rifiuti.
La Croazia ha inoltre annunciato l’inclusione del sito di Biljane Donje nel piano di gestione dei rifiuti entro la fine del 2021. Tuttavia, la Commissione ha ritenuto che le misure adottate non fossero sufficienti per eseguire la sentenza del 2019 e, il 23 maggio 2023, ha avviato un nuovo procedimento contro la Croazia.
Con una decisione del 4 marzo 2024, il presidente della Corte di giustizia ha sospeso il procedimento fino alla sentenza nella causa C-147/23, Commissione/Polonia, pronunciata il 25 aprile 2024, che ha poi consentito la ripresa del procedimento in oggetto.